blog personale sull'Igiene Naturale  
Ricordati che il miglior medico è la natura: guarisce i due terzi delle malattie e non parla male dei colleghi. (Galeno)
 
Altri blog dell'autore    Papi e Pupe       Televisionario       Divergenza       Vocemillenaria        Dialetto sanmartinese

mercoledì 9 gennaio 2013

Hunza

Articolo tratto liberamente da Buruscio su Wikipedia al quale personalmente contribuii


Un rajah con alcuni membri della tribù
Un rajah hunza con alcuni
membri della tribù (XIX secolo).
Gli hunza vivono in quello che tra noi è conosciuto come il tetto del mondo, tra le vette himalayane, in un territorio situato nella valle omonima inaccessibile a circa 3000 metri sopra il livello del mare, nell'estremo punto settentrionale del Pakistan dove convergono i confini del Kashmir, Cina, India e Afghanistan. Completamente isolati dal resto del mondo, con una popolazione di circa 30.000 abitanti, sono ritenuti il popolo più felice della terra. Esenti da malattie e dotati di una salute e resistenza straordinarie, la loro longevità diviene legendaria dato che l'età media dell'aspettativa di vita, da quanto ci viene raccontato, viene valutata intorno ai centoventi anni. Viene riportato anche che fra i centenari non è raro raggiungere la venerabile età di 130 anni, tra cui qualcuno sembra sia arrivato ai 145 anni di età. Incredibile... ma sarà vero?...

Più precisamente i buruscio o bruscio o hunza[1] popolano le valli pakistane settentrionali di Hunza, Nagar e Yasin. Ci sono anche oltre 300 buruscio a Srinagar, India[2]. In questa zona, prevalentemente costituita da musulmani, si parla il burushaski [3], una lingua non in relazione, a quanto pare, con nessun'altra.[4] Geneticamente sono in parte vicini alle popolazioni dell'Est Asiatico, facendo supporre che almeno qualcuno dei loro antenati abbia avuto origine nel nord dell'Himalaya.[5]

Indice

Hunza


Ragazza con bambino
Il popolo hunza (o hunzakut) discende dal principato di Hunza e vive a fianco dei wakhi e degli shina. I wakhi abitano nella parte superiore dell'Hunza localmente chiamata Gojal e nelle regioni confinanti situate in Cina, Tagikistan e Afghanistan, e anche a Gizar e nel distretto di Chitral del Pakistan. La popolazione parlante lo shina vive nella parte meridionale dell'Hunza. Essi provengono da Chilas, Gilgit, e altre aree pakistane di lingua shina. I buruscio-hunza, secondo quanto viene riportato da Ralph Bircher[6], contavano circa 10.000 abitanti (almeno fino a qualche decennio fa), sparsi in circa 150 villaggi situati a un'altitudine che oscilla tra i 1660 e i 2450 m. sul livello del mare. La conformazione del territorio rendeva questo popolo abbastanza isolato dai popoli circostanti, a causa delle vie di comunicazione impraticabili e pericolose se non addirittura assenti. Gli hunza abitano molto al di sopra della valle omonima, sui loro terrazzi (mesas) spesso fortemente soscesi e impervi, non esenti dal rischio di frane, con strapiombi di 600-900 metri. Dal territorio degli hunza è possibile osservare i vicini nagir separati da un profondo grande canyon che rende ancor più difficile le vie di comunicazione.[6]
Fino a pochi decenni or sono gli hunza erano governati da un mir (corrispondente al nostro re); il loro capoluogo era Balbit conosciuta anche come Karimabad. Lo stato principesco di Hunza venne abolito il 25 settembre del 1974.
Gli hunzakut e la regione di Hunza ha uno dei più alti tassi di alfabetizzazione in confronto agli altri distretti similari pakistani ed ed è una delle maggiori attrazioni turistiche del Pakistan; molti pakistani e turisti stranieri viaggiano per la regione per godere dei paesaggi pittoreschi e delle sue sbalorditive montagne. Il distretto possiede molte attrattive moderne ed è abbastanza progredito rispetto allo standard asiatico. La leggenda locale ci racconta che questi hunza potrebbero essere stati associati con il regno scomparso di Shangri-La.

La longevità degli hunza [7]


donna anziana di Karimabad La popolazione degli hunza viene talvolta menzionata per la sua aspettativa di vita eccezionalmente lunga [8] Ralph Bircher uno dei maggiori studiosi di questo popolo di circa 10.000 individui, riporta alcune caratteristiche sbalorditive, quasi leggendarie, nel suo libro Gli hunza, un popolo che ignorava la malattia [9], ovvero:
- sono quasi esclusivamente vegani (la carne era consumata poche volte l'anno e i prodotti di origine animale piuttosto raramente);
- la dieta si basava su un apporto calorico inferiore alle 2000 kcal, nonostante i lavori piuttosto pesanti che svolgevano;
- praticavano un duro semi-digiuno stagionale a causa dell'assottigliamento delle scorte dei viveri in attesa del nuovo raccolto;
- gli indumenti che indossavano erano poco adatti, secondo i parametri comuni, a sostenere i rigori invernali;
- l'età media riguardo alle aspettativa di vita era calcolata a circa 120 anni;
- l'efficienza fisica e la smagliante salute permaneva fino a tarda età
- non si conoscevano malattie (prima dell'arrivo massiccio dei prodotti della civiltà consumistica).
La longevità e la salute perfetta degli hunza hanno fatto avanzare diverse ipotesi a questo riguardo. Le più attendibili riguardano...
- la dieta naturale e vegetariana e il semi-digiuno obbligato stagionale;
- l'altitudine e l'ambiente incontaminato in cui vivono;
Altri ipotizzano che l'elisir della loro lunga vita fosse il torrente a cui attingevano l'acqua con particolari virtù salutari (virtù dovute probabilmente alla completa mancanza di fluoro). I vari studiosi di "questo popolo greco dell'Himalaya" che si sono succeduti hanno riscontrato che la loro longevità e salute si siano andate degradando con il passare del tempo. Già nel 1979 lo stesso Ralph Bircher riporta la notizia a lui pervenuta tramite conoscenze che il paese aveva ormai perduto la sovranità e la sua influenza; al posto del re (mir) c'era adesso la polizia pakistana; inoltre i prodotti, se non altro alimentari, della civiltà consumistica sembra avessero ormai invaso tutti i villaggi hunza.[10]

L'indagine di McCarrison


Durante il periodo fra le due guerre mondiali, il medico scozzese McCarrison operante nel circondario di Gilgit, a Nord del Cachemire, rimase colpito dalla conformazione fisica e dalla incredibile capacità lavorativa degli hunza, e per quanto riguarda la sua ricerca sulle malattie trovava questo popolo insignificante dato che non aveva nulla da curare se non qualche trauma o frattura. Infine abbandonò le sue ricerche riguardanti il campo delle malattie per dedicarsi ad esaminare accuratamente questa ottima condizione salutare degli hunza, da lui reputato il popolo più sano della terra. A parte gli accessi di febbre brevi e violenti e qualche infiammazione agli occhi causata dal fumo del riscaldamento nelle chiuse abitazioni durante il periodo invernale, non v'erano malattie particolari né quelle dovute all'invecchiamento (nessuna diminuzione della capacità uditiva e visiva, né indebolimento degli organi; i denti rimanevano perfetti ed efficienti fino a tarda età. McCarrison esaminando diversi i fattori essenziali quali le condizioni climatiche, la razza, l'alimentazione, ecc. arrivò alla conclusione che il regime alimentare fosse la chiave per capire l'enigma dell'incredibile salute e longevità degli hunza rispetto anche ai popoli confinanti che vivevano più o meno nelle stesse condizioni ambientali contraendo varie malattie, come tubercolosi, malaria, e tante altre più o meno gravi. McCarrison in definitiva viene ad elencare queste condizioni alimentari:
- autosufficienza alimentare
- assenza di prodotti industriali e commerciali a livello mondiale (zucchero, conserve, cibi raffinati, ecc.)
- cibi prevalentemente crudi. L'alimentazione base degli hunza era costituita dai prodotti freschi coltivati in loco quali: cereali, frutta, e in misura inferiore legumi (fatti germinare, in certi periodi dell'anno, insieme ai cereali e mangiati così crudi) e latte. La carne e il vino venivano raramente consumati.
L'ipotesi di McCarrison venne confermata dai suoi stessi esperimenti praticati su due popolazioni diverse di topi, le quali venivano alimentate rispettivamente con due diete particolarmente differenti: una simile a quella praticata dagli hunza e un'altra come quella in uso nella civiltà occidentale (farina bianca, dolciumi, conserve, carne, marmellate, ecc.). Questo esperimento significativo attestò la longevità, la perfetta salute e l'ottima convivenza nel primo gruppo di topi alimentato secondo il regime alimentare praticato dalla popolazione degli hunza. Mentre il secondo gruppo rimaneva affetto da malattie e da una aspettativa di vita molto inferiore oltre al fatto che si riscontravano numerosi casi di cannibalismo. Questa ricerca pioneristica riguardo alla correlazione tra il tipo di alimentazione e la longevità salute verrà Successivamente confermata da altri studiosi.

Agricoltura, allevamento e sussistenza [11]


L'economia degli hunza, fino a pochi decenni fa, era prettamente chiusa o meglio di sussistenza e si basava sull'agricoltura che veniva praticata sui loro "terrazzamenti" (mesas), in maggior parte però quasi sterili. Nel poco terreno fertile dunque si coltivano alberi da frutta, in particolare albicocchi, e altri prodotti riportati sotto (vedi Dieta hunza). Il riciclaggio in questo ambiente naturale viene praticato al massimo: i ramoscelli ottenuti della potatura vengono recuperati e utilizzati poi come combustibile nei mesi invernali più rigidi; allo stesso modo lo sterco dei pochi capi di bestiame (mucche, capre e pecore, utilizzate per lo più per il latte) viene fatto essiccare e immagazzinato per poi bruciarlo d'inverno. La carestia stagionale che colpiva nel periodo primaverile, prima del raccolto, sembra fosse andata peggiorando con il tempo e il regime dietetico già spartano degli hunza diventava sempre più insufficiente, data la fisionomia dell'aspro e sterile territorio e la carenza di fonti acquifere, senza nessuna possibilità di irrigazione, in concomitanza oltretutto con l'aumento della popolazione. Questa cosiddetta "primavera di fame", iniziava pressappoco dopo la festa di ringraziamento, il Bop-Faou, (come viene riportato da Lorimer nel 1935), durante la quale si implorava la fecondità della terra con riti cerimoniali solenni e giochi di destrezza, a cui seguivano settimane di semi-digiuno coincidente con i più duri lavori nei campi. Nonostante la carestia gli hunza rimanevano un popolo legato e solidale, allegro, ospitale e generoso, esente da avarizia ed egoismo, dignitoso, nonostante gli stenti, tanto che Lorimer riporta nel suo diario di bordo casi incredibilmente eclatanti e commoventi di ordinaria abnegazione, aggiungendo inoltre che "la fame non ha nessuna influenza sull'umore di questa gente, non arriva a piegare il loro temperamento".[12] Questa economia di sussistenza negli ultimi decenni si è aperta al mercato globale con afflusso di prodotti alimentari esterni sofisticati che di certo hanno mutato in qualche grado la fisionomia, la cultura, gli usi e costumi degli hunza.

Dieta hunza


pane hunza
Pane hunza
La dieta degli hunza di qualche decennio fa (riportata da diversi studiosi specialmente da McCarrison e Wrench) era costituita in gran parte da alimenti di origine vegetale prodotti in loco: orzo, miglio, grano saraceno, grano [13] (e quindi l'utilizzo della farina integrale e di una specie di pane azzimo), mais [14] (raro), in misura inferiore legumi (fagioli, piselli, lenticchie, fave, ceci), frutta (more, mele, uva, ciliege, prugne, pesche, giuggiole, melagrane, meloni, pere, mandorle, noci) e specialmente albicocche fatte essiccare (delle albicocche si utilizzavano anche i noccioli da cui si ricavava anche un tipo d'olio), patate, verdure varie, carote, zucche, cavoli, cetrioli, melanzane, pomodori, erbe selvatiche ed aromatiche. Il vino veniva consumato in rare occasioni, perlopiù coincidente con particolari eventi. Per quanto riguarda i prodotti di origine animale abbiamo il latte (specialmente di YAK), formaggio fresco (brus) e da conservare (rahkpin), ricotta (quark), il burro o maltache (alimento preziosissimo); la carne, in genere ricavata dal bestiame minuto (pecora, capra, gallina), era utilizzata raramente ma mai assente.[15] L'unico prodotto importato e usato con parsimonia era il salgemma proveniente dalle zone vallive vicine.

Lingua




La lingua hunza attualmente resta ancora senza possibilità di poter essere collegata ad altre lingue limitrofe e non, esistenti o estinte. Secondo Lorimer questa lingua si è evoluta separatamente da almeno 5000 anni a questa parte e comunque lo stesso linguista ammette di non essere riuscito nemmeno a completare un sufficiente vocabolario nei suoi 15 mesi di permanenza, aggiungendo inoltre che avrebbe avuto bisogno di almeno altri dieci anni per poterlo fare[16]

Religione [17]


Appartenenti formalmente alla setta dei musulmani ismaeliti ovvero aderenti alla dottrina di Ismaele o Maulaï, gli hunza, come osservava Lorimer, sono molto diversi dagli stessi popoli limitrofi, non avendo nessuna pratica che si manifesti esteriormente, né rituali, né preghiere, né templi, oggetti di venerazione o pellegrinaggi, né tantomento si può trovare qualche parvenza di mullah o gerarchia religiosa. La religione e la preghiera vengono vissute intimamente. Lo stesso Lorimer racconta che soltanto dopo tre mesi scoprì per puro caso che un certo contadino, per nulla distinguibile dagli altri, era in realtà un khalifa (prete laico). Non vi si trova, almeno apparentemente, traccia di superstizione, né credenze riguardanti il malocchio, la magia, come avviene invece per i popoli vicini, dai quali si distinguono ancor più per il fatto che le donne non portano il velo ed hanno parità di diritti.

Usi e costumi, arte e letteratura


Gli hunza sono soliti festeggiare i grandi eventi nel giorno del solstizio d'inverno con danze e musica eseguita dai béricho, musicisti di origine indiana. L'arte come la letteratura sono pressocché assenti. Come ogni civiltà contadina ci sono diverse festività e riti propiziatori legati alla semina e al raccolto come quella che si celebra il 6 febbraio per la semina dell'orzo. Non manca il carnevale che si celebra all'inizio di febbraio. Gli hunza sono inoltre delle appassionati e abili giocatori di polo.

Gli Hunza e Alessandro Magno


La leggenda riguardante i burusci racconta che essi discendono dal villaggio di Baltir, fondato da un soldato abbandonato dall'armata di Alessandro Magno è una leggenda comune a molta parte dell'Afghanistan e Pakistan settentrionale.[18] Tuttavia, l'evidenza genetica sostiene soltanto una componente genetica balcanica tra i pashtun afghani,[19] e non tra i burusci.[20]

Gli hunza e la Macedonia


Nel 2008 l'Istituto Macedone per le Ricerche Strategiche "16.9" organizzò un ricevimento del principe hunza Ghazanfar Ali Khan e della principessa Rani Atiqa, considerati discendenti dell'armata di Alessandro.[21] La delegazione hunza venne accolta all'aeroporto di Skopje dal primo ministro Nikola Gruevski, il capo della chiesa ortodossa macedone, l'arcivescovo Stefano, e dall'allora sindaco di Skopje Trifun Kostovski.

Note

  1. [1] ^ Il nome hunza era riservato inizialmente al fiume che divideva le popolazioni dei buruscio da quella dei nagir, mentre l'etnonimo hunza viene attribuito ai buruscio dalle popolazioni limitrofe. - Ralph Bircher, Gli hunza,... op. cit., pag. 32
  2. [2] ^http://repositories.lib.utexas.edu/bitstream/handle/2152/2777/munshis96677.pdf?sequence=2
  3. [3] ^ Ralph Bircher parla di lingua hunza piuttosto che di burushaski, poich?uest'ultima ?nche la lingua (poco diversificata) dei nagir e dei pi?istanti yasin che differiscono moltissimo sia per quanto concerne la cultura, gli usi e costumi, che per le condizioni fisiche e ambientali.
  4. [4] ^ (EN) Lingua burushaski, Enciclopedia Britannica online
  5. [5] ^ (EN) Worldwide Human Relationships Inferred from Genome Wide Patterns of Variation - Science 22 febbraio 2008:Vol. 319. no. 5866, pp. 1100 - 1104 DOI: 10.1126/science.1153717
  6. [6] ^ a b Ralph Bircher, Gli hunza,... op. cit., pagg. 32-33
  7. [7] ^ Ralph Bircher, Gli hunza,... op. cit., pagg. 23-29
  8. [8] ^ (EN) G. T. Wrench, "Il ciclo della salute: le sorgenti di lunga vita e la salute tra gli hunza", Dover Publications, 2006
  9. [9] ^ In effetti Ralph Bircher non fa altro che semplificare e divulgare, a volte criticando e rettificando, il resoconto fatto dal linguista E.O. Lorimer e sua moglie i quali restarono tra gli hunza per un periodo di circa 15 mesi, con lo scopo di studiarne la lingua.
  10. [10] ^ Ralph Bircher, Gli hunza,... op. cit., pag. 20
  11. [11] ^ Ralph Bircher, Gli hunza,... op. cit.
  12. [12] ^ Ralph Bircher, Gli hunza,... op. cit., pag. 54
  13. [13] ^ A volte i cereali vengono fatti germinare prima di essere mangiati crudi.
  14. [14] ^ Del mais si mangiavano le pannocchie molto prima che queste giungessero a maturazione
  15. [15] ^ McCarrison riferesce che la carne tra gli hunza viene consumata cinque o sei volte al mese (piu frequentemente nei periodi invernali)
  16. [16]^ Ralph Bircher, Gli hunza, ... op. cit., pag. 34
  17. [17]^Ralph Bircher, Gli hunza, ... op. cit., pagg. 56-62
  18. [18]^ (EN) Un dizionario etno-storico della Cina. Westport, Conn.: Greenwood Press, 1998, ISBN 0313288534.
  19. [19]^ (EN) evidenza cromosomica Y riguardo a un limitato contributo greco alla popolazione pathan del Pakistan, European Journal of Human Genetics (2007) 15; pubblicato online il 18 ottobre 2006
  20. [20] ^ (EN) Y-Chromosomal DNA Variation in Pakistan - Am. J. Hum. Genet. 70:1107?1124, 2002, pg. 117
  21. [21] ^ Alexander?s ?descendants? boost Macedonian identity - FT.com

Bibliografia

  • (SV) D.L.R. Lorimer, la lingua burushaski, 4 voll., Institutett for Sammenligende Kulturforskning, Oslo, 1935, (Leipzig, Otto Harrasowitz)
  • (EN) E.O. Lorimer, Language hunting in the Karakoram, George Allen & Unwin, London
  • (EN) G.T. Wrench, M.D.T. e Wheel o health, a study of very health people. The C.W. Daniel Company Ltd. Londra. W.C. 1. 1938. Brigadier General Sir George Cookrill, Pioneer Explorationa in Hounza and Chirral, in the "Himalaya Journal", Vol. XI (1939), p. 15-41, Campell Secord and the MICHAEL VYVYAN, Reconnaissance of Rakaposhi and the Kunyang glacier, in "The Himalayan Journal", Vol. XI (1939), pag. 156-164 (resoconti di McCarrison riproposti da Wrench, uno dei suoi allievi)
  • (EN) Clark, John. Hunza: Lost Kingdom of the Himalayas. 1956. New York, Funk & Wagnalls Company.
  • (EN) Tobe, John H. (1960). Adventures in a Land of Paradise. Emmaus, Pa.: Rodale Books.

Fonti

  • Ralph Bircher, Gli hunza, un popolo che ignorava la malattia, tradotto da Giovanna Ponticelli, Libreria editrice fiorentina (quaderni d'Ontignano). ISBN 88-89264-07-1


Nessun commento:

Posta un commento